Il ruolo della rappresentanza, i rischi legati all’uso dell’intelligenza artificiale, le elezioni europee, gli effetti economici e politici delle guerre, l’applicazione del nuovo contratto nei diversi gruppi bancari italiani. Tutto il racconto della seconda giornata di lavori del 128 ° Consiglio nazionale Fabi.
“Il lavoro e il ruolo della rappresentanza”: è un racconto di storia collettiva, quello della rappresentanza, la narrazione del modo in cui funziona la comunità e di come la comunità si affida ai corpi intermedi quali il sindacato.
In apertura della seconda giornata di lavori del 128° Consiglio nazionale Fabi, il segretario generale Lando Maria Sileoni si confronta sul complesso tema con lo scrittore, ed ex magistrato, Gianrico Carofiglio, in uno scambio moderato dal vicedirettore del Tg5 Giuseppe De Filippi.
Se negli anni ’60 e ’70 la rappresentanza ha vissuto la sua epoca d’oro, questo meccanismo si è poi, negli ultimi decenni, un po’ inceppato? È questa la domanda che De Filippi pone ai due protagonisti del dibattito.
Non esiste democrazia senza rappresentanza, questa l’immediata premessa di Carofiglio. Che vede nei luoghi intermedi, in questo caso gli organi di rappresentanza, anche la possibilità di crescita individuale: la democrazia vive infatti del concetto di comunità e di interazione tra comunità di diversi livelli, in cui gli individui vivono i propri interessi e il proprio futuro e si formano, arricchendosi, anche grazie al confronto tra opinioni diverse.
Sileoni interviene ricordando la nascita del primo sindacato del credito: la Fabi nasce nel 1948 rendendo i bancari l’unica categoria in cui un sindacato autonomo si fa un proprio contratto nazionale, facendo da apripista. «Abbiamo una credibilità storica e una scuola che molte altre organizzazioni sindacali non hanno. Oggi abbiamo 120mila iscritti, il sindacato più importante d’Italia anche rispetto alle altre categorie. Ecco il punto: la difficoltà, con altri sindacati che hanno la metà dei numeri della Fabi, di confrontarsi, talvolta, anche a causa di gelosie, ipocrisie, veleni che scorrono sottopelle».
Manca un senso di giustizia. È questo il concetto evidenziato da Sileoni, che continua: «Si ha un reale rispetto della rappresentanza soltanto quando si accettano i numeri e i meriti oggettivi. I nostri eventi ospitano tutti i protagonisti del settore, dando spazio a tutte le opinioni. Per dirne una, siamo stati i primi a schierarci sulla tassazione alle banche rispetto agli extra-profitti. La classe politica queste cose le conosce, prende una posizione, poi, spesso, fa marcia indietro di fronte al potere finanziario». La conclusione del leader Fabi: «Finché non accettiamo e non pratichiamo, nei nostri stessi comportamenti, il tema che chi merita, quindi anche le organizzazioni che fanno bene il proprio lavoro, è giusto che vada avanti, saremo sempre un Paese frenato che rimane indietro rispetto agli altri».
Riprende poi la discussione all’interno dei gruppi, con l’approfondimento di tutti gli aspetti del nuovo contratto nazionale e la loro applicazione in Crédit Agricole Italia e Monte dei Paschi di Siena.
Con il segretario generale Fabi, salgono sul palco la responsabile direzione risorse Umane di Crédit Agricole Italia Antonella Salvatori, la coordinatrice Fabi Crédit Agricole Italia Cinzia Losi, lo chief human capital officer Mps Roberto Coita, il vicecoordinatore Fabi Mps Guido Fasano, il segretario nazionale Fabi Elisabetta Mercaldo, in un confronto moderato dal caporedattore Class Cnbc Jole Saggese.
Si parte con Montepaschi, e Sileoni fa subito chiarezza sula situazione nel gruppo di piazza Salimbeni: «O Montepaschi rimane autonoma o si creerebbe uno spezzatino: serve più coraggio, mi rivolgo anche agli amministratori delegati. Noi ci muoveremo per convincere il Governo che la banca deve rimanere autonoma, bisogna lavorare affinché lo rimanga, e anche il ministro economia, il Mef, deve muoversi in tal senso, mettendo soldi affinché ciò accada. Devono chiarire se farla rimanere macro-regionale o se davvero vogliono un gruppo importante a livello nazionale».
Sileoni fa notare che tutti hanno paura di mettersi intorno ad un tavolo con il rischio che la trattativa salti in pochi mesi: «Essendoci un precedente, tutti hanno questo timore. Il gruppo ne ha vissute talmente tante da incutere in tutti la paura di bruciarsi una volta entrati in trattativa. A noi preme rassicurare i lavoratori che rappresentiamo che possono contare su di noi, in ogni caso».
«Ora dirò una cosa che farà parlare: premetto che noi, oggi, non abbiamo invitato gli amministratori delegati dei vari gruppi, con i quali faremo poi le trattative. Se io fossi l’ad di Montepaschi – così prosegue Sileoni – farei una cosa semplice: prenderei appuntamento con l’ad del “gruppo bancario X” per proporre ed aprire una trattativa. Perché non lo fanno? Perché ci sono delle poltrone da difendere. Il problema sono le poltrone, le discussioni tra chi farà l’amministratore delegato e chi il presidente, e le aggregazioni o fusioni saltano esclusivamente per questo motivo. È fondamentale, per Montepaschi, che qualcuno prenda l’iniziativa: la soluzione passa attraverso un Governo che si assuma la sua responsabilità, ma se l’ad della banca non prende l’iniziativa, poi il primo che rimarrà con il cerino in mano sarà proprio lui. L’ad deve prendere una iniziativa per far capire alla politica che è arrivato il momento di muoversi».
Si passa poi alla situazione in Crédit Agricole Italia: modello francese, lavoratori italiani, ma quando si parla di contratto il discorso Italia-Francia è retorico? È questo che Saggese chiede a Sileoni.
Per il segretario generale, «non c’è niente di retorico, in Italia, in Italia è tutto strumentale. Ben gestito da Maioli, il gruppo è una eccellenza nel panorama bancario italiano. Il problema è che, a seconda dei governi, c’è chi apprezza i francesi e chi no, dipende pertanto dai rapporti del Paese con la Francia». Il giudizio di Sileoni sul gruppo bancario e sul suo amministratore delegato è pertanto positivo: «Credit Agricole Italia è una banca che potrebbe definirsi un gigante come banca internazionale, con una testa politica importante in Italia, rappresentata da Maioli».
Entrando nello specifico dei vari temi – inquadramenti e figure professionali, assunzioni – non manca però il monito: «Il diffuso malessere in Crédit Agricole deve essere superato, altrimenti il sindacato metterà in pratica atteggiamenti che cambierebbero l’attuale stato di cose e che potrebbero influire negativamente sulle relazioni tra azienda e sindacato».
Nuova tavola rotonda, altro attualissimo tema: “L’intelligenza artificiale nella società, nel lavoro e nella finanza”. Sul palco del 128° Consiglio nazionale Fabi salgono il professore Ilario Alvino dell’Università La Sapienza, il managing partner Atlas Luca Di Bartolomei, il vicedirettore esecutivo di Radio24 Sebastiano Barisoni, l’influencer Eleonora Viscardi, moderati dal conduttore di Mattino Cinque News Canale 5 Francesco Vecchi.
Una serie di video spiazzanti, palesemente artefatti ma mirabilmente verosimili, a dimostrazione della potenza dell’intelligenza artificiale e dei suoi nuovissimi strumenti, apre il dibattito.
L’esperto di settore Di Bartolomei mette in guardia sulla necessità di una importante formazione del personale bancario: «Ho sentito parlare molto di questo contratto nazionale: guardando in proiezione, posso dire che le ore di formazione saranno parimenti importanti agli aumenti economici: nei prossimi 4-5 anni cambieranno moltissime cose e il numero dei lavoratori che verrà risucchiato sarà enorme. Fondamentale un enorme lavoro di formazione per poter affrontare i cambiamenti in arrivo».
Chiara la posizione di Sileoni: «Il rischio c’è ed è molto concreto. Cambiamenti così radicali ed innovativi potrebbero procurare ulteriori tagli di posti di lavoro in un settore che sta resistendo solo perché, nei piani industriali, siamo passati alla formula “uno esce ed uno entra”, ad ogni uscita corrisponde una assunzione.
Ecco perché organizziamo questi incontri: come sindacato dobbiamo creare specialisti anche in questo settore, e con questa tavola rotonda vogliamo far capire che è fondamentale adeguarsi ai cambiamenti per non restarne travolti».
Di digitalizzazione si parla infatti da tempo, e i più grandi gruppi bancari stanno creando banche digitali, estremamente diverse fra loro.
«Il confronto in sede aziendale e di gruppo con il sindacato ci farà capire se ci sarà uno scontro. Noi saremo pronti a fronteggiare qualunque invasione di campo da questo punto di vista: la banca digitale non può essere un pretesto per approfittare della situazione, tagliando ulteriori posti di lavoro», questa la dichiarazione, già rilasciata ieri ai media dal segretario generale.
«La nostra organizzazione è aperta ai cambiamenti, attenta alla formazione, andremo incontro pertanto alle trasformazioni in atto come già previsto dal nostro contratto», conclude Sileoni, che così rassicura i suoi: «Nel settore bancario il fattore umano è fondamentale, perché il fattore umano significa fiducia, significa rapporto col cliente, significa rapporto con l’impresa, significa conoscenza del territorio, significa conoscenza dell’andamento delle imprese e soprattutto significa una parola che in alcuni momenti importanti del settore bancario è venuta purtroppo meno, ovvero fiducia, cioè una fiducia ritrovata fra clientela – imprese e famiglie – e banche».
Il break precede il dibattito interno, che vede i dirigenti sindacali Fabi provenienti dai vari Sab italiani apportare preziosi contributi alla discussione.
Il pomeriggio è scandito dal susseguirsi dei vari incontri. Con “Le elezioni europee e la campagna elettorale in Italia”, salgono sul palco Fabi, insieme al padrone di casa Sileoni, il direttore editoriale di Formiche Roberto Arditti, la direttrice di Euromedia Research Alessandra Ghisleri, il direttore della Luiss School of government Giovanni Orsina, il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii. A moderare, il vicedirettore del TgLa7 Andrea Pancani.
L’annunciato duello televisivo Meloni-Schlein: due donne, due leader che rappresentano i due principali partiti. Le strategie che saranno messe in campo, gli annunci, la condizione “multitasking” (così definita da Arditti) di Conte, la competizione che caratterizzerà il pre-elezioni: il tema, di strettissima attualità, viene approfondito dai protagonisti del dibattito.
Sileoni entra in campo a gamba tesa: “L’Italia è l’unica nazione al mondo che dà tanta importanza alla politica e pochissima alla professionalità dei politici. I nostri politici non parlano inglese, non c’è selezione in entrata, non esiste scuola politica, si presentano e vengono eletti, a volte ignorando addirittura le basi della lingua italiana, e magari arrivano anche in Europa. Non votare il Mes è inconcepibile, io non voterò mai un partito che non vota il Mes, adesso, ma lo vota dopo solo per motivi elettorali.
In Italia manca, soprattutto, una visione politica. Le banche presentano piani industriali per capire cosa è necessario fare. Sarebbe auspicabile la stessa cosa anche per la politica, fare dei piani industriali per la sanità, per la pubblica amministrazione, per tutti i servizi che i cittadini pagano ma in realtà non hanno».
E alla domanda di Pancani su quali siano i poteri forti in Italia, questa la risposta del numero uno Fabi: «Le banche sono poteri forti ma non tanto quanto una volta. Il potere forte delle banche lo abbiamo visto nel momento in cui si ricompattano d’improvviso per non pagare la tassa sugli extra-profitti. Io ho sempre messo in evidenza questa contraddizione che è assolutamente ingiustificabile: nel resto d’Europa sono anni che sui conti correnti attivi si praticano tassi attivi di almeno del 2%. In Italia per anni abbiamo praticato tassi dello 0% e sui tassi passivi – quindi sui tassi sui prestiti e mutui – nel resto d’Europa non si è superata mai la soglia del 4%, mentre noi in Italia oggi siamo intorno al 6-7%. Quindi questa forbice deve essere sicuramente in qualche modo ridimensionata. È chiaro che il governo deve fare la sua parte, perché se lasciamo le decisioni delle banche esclusivamente al governo della Bce le cose continueranno ad andare in questa direzione».
Si torna poi a parlare di contratto nazionale nei gruppi bancari con i rappresentanti di BancoBPM e BNL BNP Paribas.
Sul palco, il responsabile risorse umane in BancoBpm Roberto Speziotto, il coordinatore Fabi BancoBpm Paolo Fontana, il responsabile relazioni industriali BNL BNP Paribas Carlo Fazzi, il coordinatore Fabi BNL BNP Paribas Fabio Armeni, i segretari nazionali Fabi Giuliano Xausa e Mauro Morelli e il segretario generale Sileoni, in un confronto moderato dal caporedattore TgLa7 Frediano Finucci.
L’ultima tavola rotonda della giornata ha per oggetto “Gli effetti economici e politici delle guerre”. Ad affrontare il tema, insieme a Sileoni, l’editorialista e scrittore Michele Brambilla, il vicedirettore del Giornale Radio Manuela Donghi, il direttore della rivista Domino Dario Fabbri, con la coordinazione di Frediano Finucci.
Gli Stati Uniti e il discusso personaggio politico Trump, la guerra americana al terrorismo, il percorso storico che spiega come si è giunti all’attuale scenario politico internazionale. Il conflitto russo-ucraino, prima, e la guerra a Gaza, poi. Lo stretto legame guerra-economia, con la seconda che fatalmente soccombe alla prima.
Poi, focus sul risparmiatore italiano, e la sua reazione concreta all’attuale scenario, diventato ormai, in qualche modo, tristemente “ordinario ed abituale”.
È infatti così che reagisce il mercato: come il risparmiatore, anche il mercato non sopporta l’incertezza e tende pertanto a tornare alla normalità, facendolo, però, con una nuova prospettiva ed un nuovo modus operandi. Dopo un iniziale crollo, segue sempre stabilizzazione e rialzo.
A chiudere la giornata di lavori, l’intervento del responsabile Welfare Fabi, Vincenzo Saporito, dedicato ai fondi pensione: “Mission Fabi sui fondi pensione: costruire al meglio il futuro di lavoratrici e lavoratori”.